Addio a Ezio Bosso, morto la notte scorsa, all’età di 48 anni, nella sua casa di Bologna.
“La musica sta nel silenzio. La musica si basa su quelle piccolissime pause che creano quella tensione, l’attesa”.
Con queste bellissime parole Ezio Bosso parlava di musica e della sua idea di una Bellezza salvifica che ci permette di volare e di sopportare i dolori fisici, i dolori del mondo, le delusioni e l’amarezza della vita.
Musicista, compositore, direttore d’orchestra, Ezio Bosso è morto a seguito di un tumore e delle complicanze dovute alla malattia neurodegenerativa di cui soffriva da tempo.
Oltre alla maniacale passione per ogni sfumatura delle partiture scritte dai grandi musicisti del passato, che lo portava a lavorare con estremo impegno alla ricerca della perfezione e della pulizia del suono, Ezio Bosso ci lascia una meravigliosa testimonianza di come la dolcezza possa continuare ad affiorare anche sul viso di chi il dolore fisico lo soffre profondamente, insieme alle limitazioni con le quali – dal 2011 – si era trovato a dover convivere.
In quell’anno, a seguito di un’operazione di rimozione di una neoplasia al cervello, Bosso viene anche colpito da una sindrome neurodegenerativa simile alla SLA. Nonostante ciò, continua a credere nella sua musa. Per poter nuovamente suonare, si fa costruire un pianoforte con tasti più leggeri per evitare che le sue fragili dita sopportassero sforzi eccessivi. Con questo espediente, ancora per molti anni, riesce a deliziare il suo pubblico proponendo, come lui stesso diceva: “Bach e Beethoven alleggeriti di 30 grammi a tasto”.
All’attività di pianista alterna quella di direttore d’orchestra. Guida l’organico della Fenice di Venezia e del Comunale di Bologna. Infine, crea la Stradivari Festival Chamber Orchestra, poi ribattezzata Europe Philharmonic. Oltre ai successi internazionali, alle produzioni discografiche e alle esibizioni nei templi della musica classica mondiale, Ezio Bosso ci lascia un’eredità umana di altissimo livello.
In una delle sue più belle interviste, rilasciata a Domenico Iannacone nel programma “I dieci Comandamenti” di Rai 3, Bosso ci incanta per lo sguardo pieno d’amore per la musica e la commozione, trattenuta ma tangibile, per il dolore profondo di doverla lasciare sapendo di convivere con un male che lo avrebbe inesorabilmente portato alla morte.
“La musica c’è a prescindere da noi, c’è negli uccelli, nel vento, nel silenzio, nel mare. E questa roba mi fa stare bene”.
Originario di Torino – papà tranviere, mamma operaia alla Fiat – Bosso amava parlare delle sue origini: “Nessuna famiglia borghese, ma di quegli idealisti, di quella generazione partigiana che cercava di liberarsi attraverso la cultura, la lettura. Persone che si indebitavano per i libri”.
Aveva iniziato a suonare a 4 anni. Non sapeva ancora scrivere, ma sapeva solfeggiare. Ancora piccolo si mette a suonare il fagotto, ma l’asma lo ferma. Verso i dieci anni va al Conservatorio per diplomarsi in pianoforte. Dopo un po’, però, abbandona la scuola per completare successivamente gli studi. A 14 anni suona con la band degli Statuto che in un post su Facebook  ricordano: “Oggi perdiamo un amico, un fratello, un pezzo di noi”.
A 16 anni debutta da solista sul palco di Lione e appena diciottenne inizia a suonare girando il mondo con le più importanti orchestre (Wiener Kammer Orchestra, London Symphony Orchestra). Compone. Dirige. Esegue, prima con vigore giovanile, poi appoggiandosi sempre più con delicatezza ai tasti di quel pianoforte amico, fratello, compagno di studi.
Nel 2016 pubblica “The 12th room”, un album importante per la sua carriera. Nello stesso anno Ezio Bosso sale sul palco di Sanremo, dove incanta e commuove il pubblico del teatro Ariston con la sua Following a bird, brano d’apertura di ogni suo concerto. Nel settembre 2019 sceglie di non fare più concerti. Due dita non rispondono come devono ai comandi delle partiture e suonare gli provoca troppo dolore.
La quarantena imposta dal virus lo ha infine costretto ad un doloroso isolamento. Ancora una volta ha cercato di reagire, si è impegnato nello studio, ma gli è mancato immensamente il fare musica con gli altri e per gli altri.
“I miei orchestrali sono i miei fratelli, i miei figli – aveva detto in un’ultima intervista. Ci sentiamo moltissimo ma non è lo stesso”. Inoltre si preoccupava per il loro futuro: “Alcuni stanno vivendo un periodo di grande sofferenza, non possono più suonare, non hanno più un reddito”. Era triste: “La malattia mi ha allenato a soste forzate ben peggiori. Stavolta però non è il mio corpo a trattenermi ma qualcosa di esterno, collettivo, misterioso. Sono giorni strani, il tempo e lo spazio si sono fatti elastici, a volte le ore sono eterne, a volte volano. La prima cosa che farò (dopo la quarantena ndr) sarà mettermi al sole. La seconda, abbracciare un albero”.
Anche se parlava di cose dolorose, Ezio Bosso aveva sviluppato una meravigliosa vocazione al sorriso perché “I sorrisi avvicinano più dei passi e aprono più porte delle chiavi”. E sulle porte diceva: “A me le porte non piacciono. Ho sempre avuto la porta aperta. Se uno ha bisogno, è con le porte aperte che ci si aiuta, non con le porte chiuse. Già il gesto di bussare può fare paura”.
Sono certa che lui, il maestro Ezio Bosso, abbia trovato spalancate le porte del paradiso.

ULTIMA POESIA SCRITTA DA EZIO BOSSO
Io li conosco i domani che non arrivano mai
Conosco la stanza stretta
E la luce che manca da cercare dentro
Io li conosco i giorni che passano uguali
Fatti di sonno e dolore e sonno per dimenticare il dolore
Conosco la paura di quei domani lontani
Che sembra il binocolo non basti
Ma questi giorni sono quelli per ricordare
Le cose belle fatte
Le fortune vissute
I sorrisi scambiati che valgono baci e abbracci
Questi sono i giorni per ricordare
Per correggere e giocare
Si, giocare a immaginare domani
Perché il domani quello col sole vero arriva
E dovremo immaginarlo migliore
Per costruirlo
Perché domani non dovremo ricostruire
Ma costruire e costruendo sognare
Perché rinascere vuole dire costruire
Insieme uno per uno
E costruire è bellissimo
Il gioco più bello
Cominciamo…